dicato

 

DI CATO

Se nasci e cresci a Vittorito hai a che fare con il mondo del vino sin da bambino! Io saltavo la scuola per andare a raccogliere l'uva nella vigna di mio nonno e in quella dei vicini di casa. Fino a trent'anni fa qui tutti facevano vino”.

Vittorito è un piccolo borgo della Valle Peligna in provincia dell'Aquila, terra di pastori e contadini, come tutte le terre dell'Appenino. Una storia lunga secoli lega i suoi abitanti alla coltivazione della vite e in particolare al Montepulciano d'Abruzzo, vitigno che è nato proprio qui tra le montagne nell'entroterra abruzzese.

Mariapaola Di Cato ha avuto la fortuna di avere suo padre, Francesco, che nonostante facesse un altro lavoro non ha mai abbandonato la campagna e una volta in pensione ha recuperato i vigneti di famiglia ed è tornato a fare vino proprio come lo faceva il bisnonno.

Era il 2005 e Mariapaola studiava all'università di Scienze Politiche di Pisa. A quei tempi, non avrebbe mai pensato di ritornare nel suo paese e “mettersi a zappare la terra” e invece, dopo qualche mese, con il padre, hanno impiantato un altro piccolo vigneto ed è iniziato il suo percorso di vignaiola.

Oggi hanno due ettari vitati: per molti sono pochi per loro una grande conquista. “Piantare dove la campagna è destinata all'abbandono vuol dire recupero di terreni incolti, di un territorio che ha molto da esprimere e tantissimo da raccontare”. Due ettari, inoltre, sono una dimensione che ha permesso a Mariapaola e al padre di seguire personalmente tutto il ciclo vitale della vite.  

Ovviamente, queste dimensioni comportano dei rischi maggiori soprattutto dal punto di vista economico: rese basse, produzioni minime, quasi nulle in annate poco favorevoli. Ma Mariapaola si sente una privilegiata perché ne ha guadagnato sotto molteplici aspetti ben più importanti come la sua salute e il rispetto dell'ambiente in cui vive.

 

In vigna e in cantina vige il minimo intervento. Escluso l’uso di pesticidi o erbicidi, si lavora con taglia-erbe e zappa mentre per le concimazioni sovesci di leguminose di diverse specie. I trattamenti prevedono rame e zolfo soltanto se necessari in relazione alle situazioni climatiche.

In cantina ad eccezione di bassissimi quantitativi di solforosa non viene utilizzata chimica di nessun tipo ma si lavora secondo il principio che l’uomo non può fare meglio di madre natura, può solo accompagnare le uve nella trasformazione scegliendo quella che è la vinificazione più adatta alla valorizzazione di quel vitigno in quel territorio. Fermentazioni spontanee, decantazioni naturali, affinamenti in piccoli contenitori dalle damigiane di vetro per la malvasia, all’acciaio e legno per il Montepulciano. I vini dal 2014 sono certificati biologici.